5 motivi per provare a giocare al gioco del Rugby
Perché un genitore dovrebbe avviare il proprio figlio/a a giocare a Rugby?
Per chi non conosce questo sport è facile fraintendere. Per molti, soprattutto in Italia, il rugby è uno sport pericoloso, violento e assolutamente inadatto ai bambini gracili.
Purtroppo questi sono solo alcuni pregiudizi da parte di chi non conosce questo sport.
Il rugby incarna perfettamente il concetto di disciplina sportiva, intesa come lealtà, condivisione e apertura mentale. Il rugby non è una semplice attività sportiva e molto di più, è una scuola di vita.
5 Ragioni per far giocare tuo figlio/a a Rugby
- Formativo. Il rugby educa il bambino al rispetto e alla socialità. Rispetto dei ruoli (capitano, allenatore, arbitro e avversario) e appartenenza ad un gruppo dove si condividono gioie e dolori.
- Forgiare il carattere. Grazie al contatto fisico consente ai più deboli di superare l’insicurezza e ai più aggressivi di controllare l’esuberanza.
- Altruismo. Nel rugby devi aiutare chi è più vicino a te. Il principio del gioco è basato sul concetto di squadra.
- Responsabilizzazione. Il giocatore deve autodeterminarsi all’interno del gruppo, nel confronto con l’avversario prevalgono degli aspetti tattici (capire, valutare e agire di conseguenza) che non possono aggirare il problema.
- Attività motoria semplice ma completa. Il rugby è uno sport che può essere praticato da soggetti con fisicità diverse. Tutti devono essere in grado di compiere gesti naturali come: correre, saltare, passare, afferrare, rotolare, schivare e lottare.
Il rugby è uno sport formativo a 360 gradi, ricco di valori che si materializzano sul campo di gioco.
Gioco etico
Il buon esempio parte dai protagonisti, i quali si affrontano lealmente senza atteggiamenti da divi, senza sporchi sotterfugi.
L’etica dei giocatori si trasferisce sugli spalti. In una partita di rugby non avvengono risse tra tifosi come invece capita spesso di vedere negli stadi di calcio.
Il giocatore di rugby è un esempio di rispetto e lealtà, un vero gentiluomo.
Da questo deriva il famoso terzo tempo, l’ultimo atto nel quale giocatori, dirigenti e arbitri si ritrovano tutti insieme per festeggiare. Applaudendosi reciprocamente.
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- By L'estremo
- on Ott, 24, 2017
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